
Bach a Berlino
Meine Liebe,
Ogni giorno che passa lontano da voi mi sembra un’eternità. È solo una settimana da che sono partito, eppure mi pare siano trascorsi degli anni. Neppure i fasti della corte regale riescono a distogliermi dal pensiero di voi, mia amata. (E… lo so che lo state pensando: no, non vi è alcuna dama a corte che possa competere con voi per eleganza, bellezza e raffinatezza).
Nonostante la superficialità di molti cavalieri e dame, tuttavia, non mancano momenti di grande cultura e ricercatezza; ed è proprio in questi momenti che sarei felice di avervi accanto per poterli condividere con voi.
In questi giorni è venuto alla corte un anziano maestro di musica da Lipsia, circondato da una sua piccola corte di figli, allievi e figli/allievi. Sul momento non mi ha fatto molta impressione; fra l’altro sembrava un po’ confuso – poi mi hanno spiegato che faticava a orientarsi nel palazzo e fra i protocolli di corte poiché è ormai quasi cieco.
Il sovrano, come vi ho certamente già narrato in altre occasioni, è un appassionato musicista; ha una collezione di flauti traversieri quali poche altre in Europa e suona magnificamente. Mi ha colpito, perciò, vedere l’entusiasmo con cui ha accolto l’anziano musicista, che molti, fino ad allora, non avevano degnato d’uno sguardo.
Hanno discusso di musica, e sembrava davvero di vedere due vecchi amici o due esperti colleghi nell’arte dei suoni. Il sovrano ha poi fatto portare alcuni strumenti della sua raccolta, e ha iniziato a suonare delle Sonate a tre di due dei grandi compositori della nostra terra, entrambi – a dire il vero – più celebri del musicista lì presente (del quale non vi ho ancora detto il nome: è uno dei Bach, sapete, quella dinastia di musicisti fra i quali uno si confonde sempre). Hanno suonato, vi dicevo, una Sonata di Händel (il Sassone che ha girato tutta Europa e negli ultimi anni sta furoreggiando in Inghilterra, a quanto pare), e una di Telemann, che fra l’altro è un grande amico di Bach. Di Händel si vedeva benissimo che è un operista: frasi cantabili, dolci, a volte capricciose; Telemann è più quadrato.
Il vecchio Bach ascoltava attento, talora annuendo, talora forse pensando a come avrebbe potuto sviluppare certe idee musicali egli stesso. Finalmente Sua Maestà ha lanciato una provocazione a Bach. Non saprei dire se era una sorta di sfida, oppure se voleva mostrare a tutti noi l’abilità dell’anziano musicista che, di suo, mi pareva piuttosto schivo. Di fatto, il Re ha dato a Bach un tema musicale, sul quale Bach doveva improvvisare. Sono rimasto senza parole – e con me tutti coloro che s’intendevano di musica: ho pensato a voi, che ne siete tanto appassionata, e a ciò che avreste potuto godere se foste stata accanto a me. Se non avessi visto dare il tema dal Re a Bach con i miei occhi, avrei giurato che Bach si fosse preparato i brani da casa. Improvvisava senza fatica contrappunti di immensa complessità, tenendo a mente tutte le parti e svolgendole in modo completamente coerente. Ciononostante, quand’ebbe finito, ci parve che l’anziano musicista fosse contrariato o insoddisfatto. E difatti lo era; si scusò con il sovrano per la “povertà del suo ingegno” (così disse!) e promise di mandargli quanto prima un dono degno del suo rango. Se ho ben capito, vuole scrivere diversi brani sul “thema regium”; e se l’improvvisazione era così, figuriamoci la composizione! Non appena i brani giungeranno a corte siate certa che ve ne procurerò delle copie. Ma spero, francamente, di poter tornare a casa quanto prima: l’idea di riabbracciarvi mi attira ancor più della curiosità di vedere cosa uscirà dalla penna del vecchio Bach!
Nel frattempo, affido a questa lettera il compito di portarvi tutto il mio amore.
Il vostro devoto sposo
Heinrich von Hartenbach
Testo a cura di Chiara Bertoglio